Con la significativa affermazione “Le cose stanno accadendo”, il Ministro Colao ha più volte ribadito in queste ultime settimane che i progetti dedicati all’innovazione del Paese sono attivati. Ulteriore occasione per sottolinearlo un’intervista rilasciata al giornalista del Corriere della Sera Daniele Manca, pubblicata dal quotidiano lo scorso 29 ottobre: Traspare da parte del ministro, da persona che ha vissuto molto all’estero, la volontà di far capire soprattutto agli italiani che il nostro Paese può avere l’ambizione di essere in Europa «se non il migliore, tra i migliori tecnologicamente». Sa, gli italiani si convincono facilmente. Basta che vedano fatti concreti. «Uno lo vedranno in questi giorni. Dal 15 novembre per avere un certificato anagrafico non servirà più andare allo sportello: basterà sedersi al computer e scaricarlo. Senza nemmeno pagare il bollo, che in qualche caso arriva fino a 16 euro».
Lo sviluppo della digitalizzazione sembra però muoversi a macchie di leopardo. In tal senso il giornalista del Corriere sottolinea i ritardi nella sanità digitale. Il ministro risponde: «Vorrei dirle che non è così. Primo perché abbiamo una situazione disomogenea: una parte del Paese è più avanti persino rispetto ad alcune nazioni europee, un’altra arranca. E il tema è fare in modo che le regioni più lente accelerino per raggiungere quelle più avanti. Per questo insieme al ministro della Salute Speranza e alle Regioni abbiamo avviato due iniziative importantissime: l’architettura per i dati sanitari digitali e le piattaforme di telemedicina. E vogliamo che tutte le Regioni ne beneficino in 2-3 anni». Sempre che la rete tenga. Stiamo parlando di futuro? «No, perché a gennaio partiranno le gare per collegare 6,2 milioni di case con la fibra. E qualche settimana dopo le gare per sostenere e accelerare il 5G. Si potrà lavorare in videoconferenza da zone remote, con il 5G dai treni ma anche digitalizzare l’agricoltura o piccoli stabilimenti e laboratori». Ma tutto questo chi lo farà?
«Anche qui, pubblico e privato lavorando insieme. Una volta stabilite le regole e il metodo tutto è più semplice. Certo solo per la fibra ottica, sul quale lo Stato ha pronti 4 miliardi da investire, significherà creare 10-15 mila posti di lavoro che dovranno concretamente posare e giuntare i cavi. Si tratterà di avere personale preparato. E nei bandi vorremmo privilegiare gli operatori che si saranno portati avanti in termini di formazione».