Un tasso di occupazione medio di oltre l’80% ma un numero di iscritti ancora limitato. È questo, in sintesi, lo scenario degli Istituti tecnici superiori, gli ITS, le scuole post diploma di tecnologia nate oltre 10 anni fa per offrire uno sbocco alternativo dopo la maturità. Nonostante queste scuole in Lombardia, regione guida a livello manifatturiero, abbiano un tasso di occupazione medio dell’80% dei propri studenti, mantenuto anche negli anni della pandemia, sono “solo” 19mila i ragazzi e le ragazze che le frequentano contro i 1,7 milioni di iscritti alle università. Rivolge attenzione al tema il quotidiano La Repubblica, con un articolo pubblicato lo scorso 27 agosto. Cinquantacinque percorsi formativi proposti da 20 Fondazioni, che consentono al 79 per cento dei diplomati di trovare lavoro entro un anno dal conseguimento del titolo. Sono i numeri degli istituti tecnici superiori lombardi (Its) illustrati all’interno del monitoraggio 2022 svolto dall’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire), che guardano ai percorsi conclusi nel 2020 (relativi a 18 delle Fondazioni lombarde).
I dati del monitoraggio evidenziano che l’80% dei diplomati (2.068) ha trovato lavoro entro un anno dal diploma, nel 90% dei casi (1.860) in un’area coerente con il percorso di studi concluso. Del 20% dei non occupati o in altra condizione, il 10,3% non ha trovato lavoro, il 4,8% si è iscritto a un percorso universitario, il 2,1% è in tirocinio extracurricolare e il 2,8% è risultato irreperibile. Quanto alle tipologie di contratto, il 49,3% degli occupati è stato assunto con contratto a tempo determinato o lavoro autonomo in regime agevolato: questa è stata la tipologia contrattuale più utilizzata in tutte le aree tecnologiche. La distribuzione del tasso percentuale di occupati per area tecnologica mostra che le aree tecnologiche con le migliori performance occupazionali sono Mobilità sostenibile (83,4%) e Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (82,5%).
Una situazione quasi paradossale quella del rapporto tra occupabilità e numero di iscritti, che diventa impietosa se viene paragonata a quanto invece succede nel resto d’Europa: in Germania gli iscritti alle “Fachhochschulen”, il canale non universitario di formazione terziaria professionalizzante, sono circa 800mila. In Francia esistono gli “Institutes universitaires de Technologie” che offrono formazione tecnica superiore con docenti provenienti dal mondo del lavoro; e anche in Svizzera, le Scuole universitarie professionali propongono, da tempo, un insegnamento “pratico” e vicino al mondo produttivo. E tutti con numeri superiori a quelli italiani. La speranza per un allineamento a quanto succede nel resto nel mondo e quindi ad una vera e propria esplosione dell’appeal degli ITS è tutta riposta nel Pnrr che stanzia 1,5 miliardi in 5 anni (oggi il finanziamento ordinario è di 68 milioni, 48 a regime oltre al contributo regionale tra gli 80-100 milioni totali) e prevede una legge delega, che è ormai in dirittura d’arrivo al Senato e che valorizza il link con le imprese.