Robotica tra corpo umano e Intelligenza Artificiale

La ricerca nel settore robotico guarda sempre più all’interfaccia fisica uomo-macchina, con sinergie utili sia al lavoro, sia ai portatori di handicap.

La robotica come nuova frontiera sia per attenuare la fatica nei lavori pesanti e ripetitivi, sia nella riabilitazione. Robot e realtà virtuale possono infatti consentire agli umani di superare i rischi fisici dei lavori più faticosi come il sollevamento dei carichi, sia ai pazienti con problemi di disabilità di conquistare una qualità di vita migliore. Negli ultimi anni, i grandi centri di ricerca italiani hanno iniziato ad aprire i primi laboratori di robotica, ad assumere bioingegneri, a collaborare sempre più spesso con le università. Da qui arrivano i primi incoraggianti risultati sulle ricerche, che dimostrano i benefici dell’uso della realtà virtuale e dei robot affiancati ai trattamenti tradizionali. Dedica attenzione al tema il quotidiano Il Sole 24 Ore, con un articolo a firma di Alessia Maccaferri, pubblicato lo scorso 24 aprile: Gli esseri umani non si limitano ad abitare il corpo, ma pensano anche con il corpo che ha una sua intelligenza. Un’intuizione, sperimentata da danzatori e ginnasti, è stata confermata negli anni dagli studi sulle neuroscienze. Eppure la tecnologia sinora ha principalmente potenziato la mente e le sue abilità cognitive, dai semplici smartphone ai chip impiantati nel cervello che funzionerebbero come interfaccia del computer, secondo il disegno di Elon Musk. E il corpo? «Rischia di essere un collo di bottiglia, il potenziamento cognitivo rischia di accentuare lo sbilanciamento tra mente e corpo» spiega Domenico Prattichizzo, docente di Robotica all’Università di Siena e senior scientist all’Istituto Italiano di Tecnologia.

A questo proposito l’articolista ricorda che in queste realtà di ricerca e universitarie ci si occupa di interfacce uomo-macchina e oggi vuole contribuire a spostare la frontiera nella robotica aumentativa, attraverso arti robotici soprannumerari, vale a dire dispositivi robotici indossabili progettati per l’aumento delle capacità senso-motorie. In particolare in merito al Prof. Prattichizzo: È lui ad aver progettato il “sesto dito robotico”, un wearable in grado di potenziare le capacità di presa a supporto di persone con emiparesi agli arti superiori (causato da ictus o incidente). Il dispositivo promuove l’indipendenza nelle attività quotidiane grazie alla compensazione, da parte del dito robotico, della perdita delle capacità di presa dell’arto stesso. Il prototipo Sixto è diventata una startup, Existo, fondata da Prattichizzo e detenuta da E-Novia.

Da ricerche come queste nascono macchine di nuova generazione, che consentono a pazienti costretti in carrozzina di stare in posizione verticale e simulare situazioni di vita reale con benefici tanto fisici quanto psicologici. Questi macchinari permettono una riabilitazione più veloce ed efficace raggiungendo un 10-15% di benefici in più nel trattamento dello stroke (ictus, emorragia cerebrale) e dei traumi cranici o spinali, come pure nella chirurgia ortopedica. In conclusione del suo articolo Alessia Maccaferri sottolinea: Cambia anche l’esperienza dell’utente che percepisce il robot, lo sente su di sè: così quando il robot tocca un oggetto e la forza che ci mette nell’interazione viene percepita dall’utente sulla spalla o sul braccio. Le applicazioni potrebbero essere tante, nell’ambito delle disabilità, nell’industria per la movimentazione merci nella medicina, per le operazioni chirurgiche.

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