Con il trasferimento dei pacchetti azionari a Kkr e Fastweb, la nuova società della rete secondaria di Telecom è diventata operativa con l’eredità delle connessioni Ftth di Flash Fiber (joint Tim-Fastewb) e oltre cento cantieri aperti per passare dal rame alla fibra. Tutto questo in sintonia con il piano che al 2025 prevede di completare tutte le aree nere e circa la metà delle aree grige, cioè quelle concorrenziali o semi-concorrenziali. Ne parla Il Sole 24 ore in un articolo a firma Antonella Olivieri pubblicato lo scorso 2 aprile. La nuova società, guidata da Carlo Filangieri e presieduta da Massimo Sarmi, attende il via libera dell’Agcom, che dovrebbe arrivare all’inizio dell’estate, per avviare il coinvestimento con altri operatori sulla base di quanto previsto dal codice delle comunicazioni europee, e nel frattempo l’accesso è regolato come da tradizione. Proprio ieri l’Authority delle comunicazioni ha avviato la consultazione pubblica a riguardo. Con il perfezionamento dell’operazione, FiberCop si è dotata di un consiglio composto da nove membri, dei quali cinque designati da Tim (quota del 58%), tre da Kkr (37,5%) e uno da Fastweb (4,5%). Il progetto, è stato ribadito anche ieri, non richiederà iniezioni di capitale da parte degli azionisti. Con questo Telecom, che da Kkr ha ricevuto 1,8 miliardi, è autonoma nel processo di ammodernamento della rete: l’obiettivo della nuova società è infatti quello di coprire con la fibra il 76% delle unità immobiliari nelle aree nere e grigie. È probabile che entro maggio-giugno venga lanciata una nuova consultazione per verificare quali sono i piani di copertura degli operatori e mettere così a bando le aree scoperte. Due, sulla carta, i modelli spendibili: l’uno è il sistema a incentivi utilizzato per i vecchi bandi Eurosud dove la rete resta al costruttore, e l’altro è quello a concessione utilizzato per le aree bianche, a fallimento di mercato, dove la rete è proprietà dello Stato. Il primo sistema permette di utilizzare le strutture già esistenti, che non cambiano padrone, il secondo comporta che la rete sia costruita ex novo.
Da ricordare che il 1 aprile si è insediato il nuovo consiglio Telecom. Sono stati confermati presidente Salvatore Rossi e ad Luigi Gubitosi e sono stati costituiti i comitati. Del comitato controllo e rischi fanno parte Boccardelli, Bonomo, Ferro Luzzi, Moretti e Romagnoli; del comitato nomine Bonomo, Camagni, Carli, De Meo o e Sapienza; del comitato parti correlate Boccardelli, Carli, Falcone, Moretti e Romagnoli; del comitato sostenibilità Camagni, Falcone, Ferro Luzzi, Rossi e Sapienza. Sempre nell’articolo Antonella Olivieri si chiede se i bandi per le aree non coperte si faranno comunque, ma è da capire se nel frattempo riuscirà a materializzarsi il progetto rete unica, cioè l’integrazione con Open Fiber che al momento è in fase di riassetto dell’azionariato. In tal senso ricorda come: Prima di Natale Macquarie ha presentato un’offerta vincolante all’Enel per il suo 50%, valutandolo 2,65 miliardi. Con l’occasione Cdp dovrebbe salire in maggioranza. Secondo quanto riferito da Reuters, un nuovo schema allo studio prevede che Cdp salga al 51% tramite un aumento di capitale. Ma il nodo è il prezzo, indipendentemente dallo strumento utilizzato. Macquarie in ogni caso non può permettersi che venga fissato un prezzo inferiore a quello promesso all’Enel, perché dovrebbe immediatamente svalutare l’investimento. D’altra parte la valutazione di Open Fiber fatta dal fondo austrialiano rischia di ipotecare il progetto rete unica, che vede Cdp esposta sui due fronti (ha il 50% di Open Fiber e quasi il 10% di Telecom). Kkr ha riconosciuto infatti una valutazione di 4,7 miliardi dell’equity di FiberCop – che ha già oggi in tasca un Ebitda annuo di 0,9 miliardi – inferiore ai 5,3 miliardi della valutazione di Macquarie dell’equity di Open Fiber, che non ha ancora raggiunto un Ebitda significativo. Le due valutazioni, cioè, non sarebbero compatibili con un concambio di fusione accettabile per entrambe le parti.
Il Codice approvato dalla Camera rifonde in un unico testo le quattro preesistenti direttive in materia di telecomunicazioni e stabilisce un quadro aggiornato della disciplina delle reti e dei servizi e i compiti delle autorità nazionali di regolamentazione, in vista dello sviluppo delle nuove reti 5G, con riflessi sullo sviluppo della banda larga e del progetto rete unica.
Prende in esame la questione Federica Meta in un dettagliato articolo pubblicato lo scorso 1 aprile su COR.COM il corriere delle comunicazioni: Al Senato era stata approvata l’introduzione di un nuovo principio secondo cui si dovrà anche provvedere ad annoverare le ricerche di mercato, sociali e di opinione tra le ricerche scientifiche e storiche a fini statistici, nel rispetto delle diverse finalità che le medesime perseguono, essendo orientate alla ricerca del dato, all’aggregazione delle opinioni e all’espletamento dei sondaggi e non alla promozione e commercializzazione di beni e servizi come nelle televendite e il telemarketing. Introdotti, anche: l’esigenza di evitare zone bianche in assenza di copertura sul territorio nazionale, in relazione alla necessità di assicurare in favore di tutti i cittadini italiani misure ad hoc per lo sviluppo della connettività e per il potenziamento degli investimenti in reti a banda ultralarga; e l’assicurazione del rispetto dei principi di concorrenza e di certezza dei tempi nelle procedure di assegnazione e rinnovo dei diritti di uso delle frequenze radiomobili.
Nel recepire la direttiva, il Governo dovrà anche “definire un regime autorizzatorio, senza pregiudizio alla facoltà in capo alle amministrazioni competenti di organizzare la gestione dello spettro radio e di usarlo per fini di ordine pubblico, pubblica sicurezza e difesa, per l’uso delle frequenze utilizzate dalle tecnologie per l’Internet delle cose, come il Low power wide area (LPWAN), nel rispetto del principio di proporzionalità, al fine di favorire lo sviluppo di progetti imprenditoriali innovativi”. Inoltre, le misure per lo sviluppo di investimenti in reti a banda ultralarga, riguarderà le reti “sia fisse che mobili”
Nelle nuove normative rientra anche una specifica attenzione verso la cybersicureza, che recepisce
l’adeguamento al regolamento della specifica Agenzia Ue (Enisa). Così Federica Meta: La normativa prevede un riordino del quadro nazionale sulla certificazione della sicurezza informatica.
In materia di adeguamento al regolamento 518, con la disciplina delegante che prevede l’introduzione di sanzioni amministrative efficaci, proporzionate e dissuasive per le violazioni degli obblighi di informazione sulle commissioni di conversione valutaria su carta o online, un emendamento che era stato approvato in commissione Politiche Ue al Senato limita le sanzioni alle sole infrazioni che abbiano carattere rilevante, secondo criteri definiti dalla Banca d’Italia, con provvedimento di carattere generale, tenuto conto dell’incidenza delle condotte sulla complessiva organizzazione aziendale e sui profili di rischio.
L’azione congiunta di Cdp e dei fondi Blackstone e Macquarie ha determinato una accelerazione nella questione della proprietà di Autostrade. Prende in esame la questione e lo scenario Fabio Savelli sul Corriere della Sera, in un articolo pubblicato lo scorso 1 aprile. Un’offerta vincolante che lascia la valutazione di Autostrade immutata — cioè 9,1 miliardi, 18,6 miliardi considerando il peso del debito che grava sulla società che viene de-consolidato da chi vende — ma rispetto all’ultima proposta cambia l’ammontare degli accantonamenti che dovrà fare Atlantia per rimborsare chi legittimamente chiederà un risarcimento per i danni indiretti provocati dal crollo del viadotto Morandi del 2018. Non più 1,5 miliardi di tetto a garanzia dei rimborsi, di cui 700 per Genova e 800 a copertura di un vecchio contenzioso col ministero dell’Ambiente per alcuni lavori della variante di Valico. Ma una cifra più bassa a copertura dei danni per il sistema Genova che terze parti eventualmente riterranno di chiedere dal collasso del ponte. Significa che Atlantia (ed eventualmente il fondo cinese Silk Road ed Allianz-Edf che potranno esercitare il diritto di co-vendita) risparmiano qualche centinaio di milioni di riserve che avrebbero dovuto iscrivere a bilancio. Si dipana così un elemento di incertezza per i venditori. Con gli acquirenti che fanno però l’ultimo passo, stavolta sì definitivo e non più negoziabile. Cassa Depositi in cordata con i fondi esteri Blackstone e Macquarie presenta così la sua offerta vincolante dopo le approvazioni dei relativi board. L’operazione si concretizzerebbe tramite un veicolo che acquisirebbe il gestore autostradale, di cui Cassa Depositi eserciterà il controllo in virtù della partecipazione prevista al 51% (con i fondi insieme al 49%).
Sempre Savelli, nel suo articolo, conclude sottolineando: Quel che è certo è che l’attuale governo ha lavorato nel solco della continuità col precedente esecutivo. Lasciando intatta l’operazione per come era stata concepita. Nelle ultime settimane per la verità i vertici di Atlantia avrebbero tentato di trovare interlocutori istituzionali per capire la linea del governo ma avrebbero ricevuto poche aperture rispetto ad un eventuale cambio di strategia. Ora la palla passa ai venditori. Atlantia con tutta probabilità riunirà un consiglio di amministrazione la prossima settimana per valutare l’offerta. Ma stavolta appare scontato venga portata in assemblea dei soci prevista per maggio.
Se non ci fosse stato internet cosa sarebbe avvenuto nelle economie e nella società con lockdown da emergenza pandemica? Immaginiamoci poi di vaccinare 60 milioni di persone in Italia senza avere a disposizione i sistemi di prenotazione digitali, i portali on line. Impensabile. Per fortuna il web c’è e le reti hanno sopportato bene anche i picchi del traffico dati. Ma non basta, perché se c’è una cosa che il coronavirus ha insegnato, è che molti di questi nuovi stili di comportamento sociale e professionale funzionano e in futuro saranno utilizzati sempre più. Purtroppo però il digital divide tra l’Italia e il resto d’Europa è ancora alto; in particolare sono troppe le zone e le famiglie italiane non raggiunte dalla Ftth , la tecnologia più avanzata che giunge direttamente all’interno degli edifici e delle case, in grado di esprimere una velocità di connessione fino a 1 Gigabit al secondo. Come modificare questa situazione?
Ne parla un ampio servizio pubblicato su il Corriere della Sera lo scorso 31 marzo, che traccia lo stato della connettività in Italia e indica dove si sta puntando con la sfida della fibra. Ricorda a questo proposito Alessia Cruciani: In base al report stilato da IDATE, che fotografa la situazione delle reti in fibra in Europa, l’Italia è ora al terzo posto (su 28 stati) nel ranking europeo di copertura Ftth. In particolare, con 3,8 milioni di unità immobiliari cablate nel corso del 2020 in Ftth, il nostro Paese è secondo come tasso di crescita dopo la Francia (+4,7 milioni) e davanti alla Germania (+1,9) e Regno Unito (+1,8).A questa crescita ha contribuito per circa l’80% Open fiber, la società nata con l’obiettivo di creare una un’infrastruttura di rete a banda ultralarga Ftth in tutto il Paese e che, con circa 1,5 milioni di unità immobiliari abilitate ai servizi Ultra Broad Band, si conferma di gran lunga il principale operatore italiano di reti in fibra ottica.
Sempre all’interno del servizio del Corriere della Sera, in uno specifico articolo a firma Massimiliano del Barba dal titolo “La vera svolta se si abbandonerà il rame”, viene intervistato il giurista Innocenzo Genna, esperto di regolamentazione europea di Internet, che afferma: L’emergenza sanitaria ha reso tutti consapevoli che basare la propria strategia digitale sul mobile o sulle reti miste fibra-rame non più sufficiente, mentre invece serve una buona rete fissa totalmente in fibra per essere realmente connessi.